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 PICCOLO TEMPIO DEL SACRO CUORE DI GESU'

 

Esisteva una chiesetta

 Vecchia e cadente esisteva una chiesetta edificata dalla pietà degli avi nel piccolo paese di Pistrino, situato nel cuore di un’amena pianura invidiabile per la fertilità del terreno e per la ricchezza nel sottosuolo d’acque. La domenica cinguettavano due campanucce minuscole e accorreva il popolo in massa al sacro rito, ai divini misteri: pareva sitibondo di verità, anelante della parola di Dio e si stringeva, si assiepava, si stipava addosso all’altare, davanti alle silenziose pitture cinquecentesche, che guardavano con compassione dalle screpolate pareti. Era puntellata la chiesa. Era a sghimbescio il tetto. Era insufficiente lo spazio.

Dopo tanti anni di questa deplorevole situazione, venne un grande Vescovo nella diocesi di Città di Castello: mons. Carlo Liviero, che aveva il fuoco al posto del cuore, che aveva sugli occhi il lampo dell’apostolato e nel fremito della volontà la forza di maschie cose. Nella sua prima visita pastorale ebbe una stretta al caritatevole cuore, sospirò, soffrì per Pistrino: “… Come fate, povera gente, con quest’angusta barcollante capanna? Bisogna costruire la Chiesa”.

 

Il 3 dicembre 1929, arrivò a Pistrino per presentare il nuovo parroco don Serafino Rondini. Salito per una scaletta a scricchiolo sul vecchio pulpito, roso dai tarli, alto quasi fino al soffitto, girando attorno lo sguardo fissò la colonna messa a puntello sul tetto, esordì dicendo: “… Ero partito per venire a Pistrino e mi accorgo invece d’essere entrato nella basilica di S. Paolo. Non è da tutti perbacco; avete anche le colonne!”. E, servendosi del rigore di tutta la sua autorità e stroncando ogni riluttanza, concluse: “… Vi ho mandato un prete piccolo, ma è più grande del più grande di voi. Gli ho detto di rifare la chiesa, dentro e fuori”.

 

 

Bisogna costruire la Chiesa!

 E’ una parola che si fa presto a dirla, ma che sgomenta a pensarla! Con quali mezzi si fa una chiesa in un paese di povera gente? Chi dà i fondi? Chi si addossa l’iniziativa?

Il grande Vescovo intendeva con questo Tempio anche completare l’Opera del S. Cuore. Erano stati fatti Ospizi, Congregazioni religiose, Colonie, Collegi, ma una chiesa del S. Cuore in nessun punto della Diocesi s’ergeva maestosa, prorompente per invadere le anime, conquistarle, soggiogarle, incantarle divinamente sotto il trono di quest’incantevole Re, sovrano dei secoli.

Pistrino doveva avere questo vanto. A Pistrino era riservato il tremendo audace incarico di realizzare un sogno che da tanti anni, fin dal 1921, bolliva nel cuore del Vescovo.

Don Serafino si rimboccò le maniche e si mise subito all’opera. Quindici giorni dopo, a Natale, il comitato per la costruzione della nuova, grande e bella chiesa, come Pistrino meritava,  era fatto.

Era composto da: il sig. Pietro Duranti geometra presidente, don Serafino Rondini parroco segretario, don Andrea Panizzi parroco di S. Stefano vice-segretario, il sig. Angelo Rossi cassiere. I consiglieri erano: il sig. dott. Luigi Duranti podestà, il sig. dott. Cesare Manganelli, il sig. Giovacchino Rossi e il sig. Angelo Ravarelli. Il “sor” Pietro Duranti, discendente del cav. ing. Giuseppe Sfrilli, elaborò il progetto di un’elegante struttura romanica.

Il 6 gennaio 1930, giorno dell’Epifania, s’apriva in chiesa la sottoscrizione. Alla funzione della sera gongolava il cuore del prete: il Vescovo 1000 lire, il sig. Cesare Manganelli 3000 lire, il sig. Gioacchino Rossi 1500 lire, il sig. Paolo Duranti 1000 lire, il parroco 1000 lire, il sig. Angelo Ravarelli 500 lire, il sig. Angelo Rossi 500 lire, il rev. Don Andrea Panizzi 500 lire, la sig.na maestra Mammuccini 500 lire, il vicario generale mons. Piani 500 lire, il sig. Antonio Giannini 500 lire… e poi giù, giù, giù…fino alle offerte minuscole.

L’ultima parola del parroco commosso e ridente fu questa: “… Se ogni domenica la sfilza è così bella, presto inaugureremo la Chiesa!”.

S’aggiunse in seguito il Podestà d’allora dott. Luigi Duranti, uomo probo e dal grande cuore, che stanziava nel bilancio di quell’anno 5000 lire.

 

 

La Prima Pietra  

 Il 1 settembre, mons. Agostino Mancinelli, rettore del seminario e poi venerato arcivescovo di Benevento, benediceva, fra l’entusiasmo del popolo, la terra delimitata del campo d’erba medica di proprietà parrocchiale e conficcò al suolo con le sue mani una pesante e rozza croce di merollo (la conserviamo ancora) sul luogo ove sarebbe sorto l’altare e infine venne tracciato con l’aratro il solco perimetrale.

Il 21 settembre 1930 il vescovo Liviero si mise alla testa di una piccola processione che s’inoltrava nei campi e presso il fondamento benedetto fu murata la prima pietra. Il grande vescovo fece un discorso di poche parole, più in veneto che in italiano, versando pubblicamente la sua sottoscrizione di 1000 franchi e dalla zolla di terra smossa, agitava il portafoglio grinzo e lacero dicendo: “… Darei di più, ma non ho più un soldo per far cantare un cieco”.

Nella pietra venne sigillata una pergamena e delle monete del tempo. Nella pergamena c’era scritto:

 “Nell’anno del Signore 1930 ai 21 settembre, indizione terza, essendo sommo pontefice Pio XI e re d’Italia Vittorio Emanuele III, Carlo Liviero vicentino, vescovo di Città di Castello, a Pistrino nell’Umbria, celebrati i santi misteri nella chiesa di S. Maria, pose la prima pietra del nuovo tempio da dedicarsi sollecitamente con l’aiuto di Dio, in onore del S. Cuore di Gesù e della Vergine sua madre, Maria Assunta in Cielo, fra l’ardente desiderio del popolo tutto, perché all’antico, angusto per il numero dei fedeli, squallido e barcollante, non adatto alla raccolta pietà per l’adesione alla pubblica via, si sostituisse il nuovo più vasto, in luogo più acconcio e salubre, ad implorare la misericordia del Re dei secoli, ad incremento della religione cattolica, dopo un evo diuturno ed infausto, rinnovellata a letizia”.

 S’iniziarono subito i lavori. Per portare il materiale per le fondamenta della chiesa, don Serafino aveva mobilitato i contadini della zona. Si contarono oltre un centinaio di paia di buoi che tiravano carri carichi di sassi e rena dalla Sovara, dal Cerfone e dal Tevere in un andirivieni senza sosta.

 

 

I primi ostacoli

 Il progetto del primo momento elaborato con tanta passione dal degnissimo e distintissimo conterraneo sig. Pietro Duranti, non incontrò il “genio” del R. Ufficio del Genio Civile perché “dopo il terremoto del 1917, la nostra zona era considerata sismica”.

Per cui i lavori vennero bloccati. I muri del Tempio non erano a più di un metro d’altezza. S’iniziò, allora, a costruire la casa canonica.

Nel frattempo s’intraprese una revisione completa del disegno: occorsero i calcoli laboriosissimi dell’illustre tifernate ing. Luigi Castori, vice-Podestà di Tiferno, che prestò gratis ogni fatica; ci volle l’approvazione del Ministero, pervenuta dall’interessamento dell’avv. Ricci. I lavori ripresero nella primavera del 1933.

Intanto il 7 luglio 1932, dopo uno sbandamento fatale della macchina presso il ponte dell’Arzilla di Fano, mons. Liviero moriva. “ … E tu, chiamato a Dio, operaio stanco e irrequieto al termine dell’apostolica faticosa giornata… Fu sogno, fu dolce visione di un’anima ardita e feconda, fu meta agognata e… lontana un “piccolo Tempio”… poi grande…”, queste le ispirate parole del poema di don Serafino alla memoria del grande vescovo, amante di Pistrino!

 

 

 

 

 

La seconda tappa

 Durante la vacanza della sede, in occasione di un riuscitissimo convegno di Gioventù Femminile, nel settembre 1932 mons. Pompeo Ghezzi vescovo di Sansepolcro e amministratore apostolico di Città di Castello, venne a Pistrino. Rimase entusiasmato e promise ogni aiuto. Egli insieme con mons. Gustinelli poté ottenere nell’ottobre 1935 £. 5000 da S. E. il Capo del Governo, Benito Mussolini.

“… Cinquanta biglietti nuovi da cento sono arrivati da Roma!… Acqua rigonfia del Tevere, di questa stagione autunnale, sfiorando i campi di Pistrino carpi un sospiro e un saluto…E ricantalo, gorgogliante, dentro le mura sacre di Roma!…”, tale fu il fulgido ringraziamento di don Serafino.

Il successore  mons. Francesco Maurizio Crotti, rigida tempra di Cappuccino bergamasco, il 18 giugno 1933, due settimane dopo il suo ingresso trionfale in diocesi, visitava Pistrino, subito dopo Canoscio.

Dal balcone della canonica di S. Stefano, al pubblico che stipava la piazza, annunziava la ripresa dei lavori e formulava l’augurio di una celere realizzazione. Esaminò sul posto il progetto e s’innamorò subito della nuova chiesa. Salito sopra le murature, ridestò la speranza con la sua calda parola di Padre, che, dentro quell’anno giubilare della Redenzione, anche nella nostra diocesi, il S. CUORE potesse avere il suo Tempio. Facendo suo tutto l’interessamento del suo predecessore mons. Liviero, sollecitò il Clero diocesano a dare un proprio contributo e consegnò il suo obolo di 350 lire come esempio.

I muri perimetrali presero a salire fino a 5 metri da terra. La chiesa crebbe velocemente perché non era soltanto un’opera di muratori, fatta di mattoni, di pietre e di calcina, ma era insieme la costruzione di una comunità cristiana, fatta di cuori e di volontà.

La storia di questa chiesa che cresce è la storia di come si sviluppa una parrocchia, di come gli uomini possano cercare Dio insieme, volersi bene, aiutarsi e diventare migliori. Se don Serafino, il piccolo prete entusiasta, avesse costruito una chiesa, pochi oggi si ricorderebbero di lui; il suo segno è rimasto proprio perché è passato prima sui cuori che non sugli occhi. Ha acceso volontà, risvegliato energie, aperto intelligenze.

   Selvi Giovanni, impresario capomastro di San Giustino, detto il sordo, era sempre molto irritato con il parroco perché non gli dava i denari con puntualità. Don Serafino faceva di tutto per raccogliere i fondi per la costruzione della chiesa. Organizzava feste per il suo compleanno, per il suo onomastico, per l’anniversario della sua ordinazione sacerdotale e  inviava, a Pasqua, il piccolo vaglia del conto corrente per l’uovo di carità e i salvadenai alle case dei giovanissimi pistrinesi: “… i bambini così vanno educati! I loro piccoli animi vanno indirizzati all’ambizione del bene…” e chiedeva il contributo ai contadini in occasione della battitura e della vendemmia. Aveva fondato un giornale, “piccolo foglio, senza orgoglio, senza pretese”, si chiamava <Venga il tuo regno>. Aveva la forma e il colore di un mattone. Lo scriveva da solo per risvegliare le coscienze e per raccogliere i soldi per la chiesa. Diceva: “… <Venga il tuo Regno> bussa alle case dei suoi buoni lettori e reca sempre la sua bisacca, come umile fraticello cercatore con la sporta sotto il braccio, a raggranellare offerte per la chiesa nuova… Non è altro che il mendicante del buon Dio! Bella e grande, di giorno in giorno, la nuova chiesa verso il cielo s’innalza… Occorrono denari, denari, denari per fronteggiare le immense spese! Alla carità degli Amanti del S.Cuore è affidata la riuscita. Aiutateci! Fate che ogni mese una lunga lista quasi interminabile di benefattori si pubblichi!… Una mano al cuore, un’altra al portafoglio, una corsa alla Banca o alla Posta. Si tratta…  di tre minuti di tempo!”.

Basta leggere qualche pagina di questo mensile per ritrovarci l’energia, la saggezza, il distacco e persino l’ironia di una grande personalità.

Suscitò una gara affascinante di popolo, mirabili entusiasmi di prestazioni gratuite e di offerte in nome dei vivi e dei morti…di omaggi… di questue… di sottoscrizioni… al Re d’Amore.

E gli “Albi d’oro” con una lunghissima sfilza di nomi dei benefattori, annotati puntualmente nel giornalino “Venga il tuo Regno”, ne sono una memorabile testimonianza!

Nell’ottobre 1933 scriveva: “… Da più di tre anni, ogni sera, nella penombra della nostra vecchia chiesetta di Pistrino, una mistica, devota funzione si svolge.

Il Sacerdote sui gradini, a mani giunte, in ginocchio, richiama alla mente la bella schiera dei nostri Benefattori e per essi e per il nuovo Tempio, che s’innalza giorno per giorno, prende forma e invita all’ammirazione, rivolge accorata la voce della preghiera. E il folto gruppo dei fedeli presenti associava alla voce del Sacerdote il suo grido sperante: venga il tuo regno!

Tre anni di preghiera fiduciosa, incessante. Tre anni di alternative, di speranze, di contrarietà, di timori. Tre anni durante i quali la mano dei buoni si stese elemosinando: “Un mattone, un sasso, una trave, un coppo, un obolo  per la chiesa del Cuor di Gesù!”.

Il 1 luglio del 1934 alle ore 17,55 nella canonica di S. Maria, venne firmato l’ultimo contratto per la chiusura definitiva dell’edificio.

 

 

La festa del Coppo

Dopo la dolorosa e repentina scomparsa di mons. Crotti, don Serafino organizzò, il 21 ottobre 1934, la famosa “Festa del Coppo”, tanto che da quel giorno, dove passava, lo chiamavano “don Coppo”.

“… Non cessi l’entusiasmo, non si arresti la fiducia nella riuscita: siamo al TETTO! - scriveva il piccolo parroco. Le prime capriate della splendida travatura fanno già bella mostra di sé. Alcune sono già state collocate al loro posto. Di lassù attraverso i secoli rimarranno testimoni dei sospiri e delle suppliche accalorate dei Fedeli. Saliranno verso di loro le ondate odorose d’incenso, che dai turiboli accesi, sprigionandosi, magnificheranno le glorie del S. Cuore e il fremito religioso del popolo!”.

Tutti i Pistrinesi si misero in lunga fila per acquistare un coppo per ricoprire il tetto. Ogni compratore era ricompensato con un biglietto della lotteria. Venne anche redatto un “albo di gratitudine” con i nomi di oltre 60 grandi offerenti che avevano acquistato almeno 15 coppi. Iniziò la sottoscrizione mons. Ernesto Piani, vicario generale dei due ultimi grandi vescovi Liviero e Crotti (e poi di Cipriani) con 1500 coppi. La sfolgorante bicicletta da signora, premio dei compratori dei biglietti del coppo, venne sorteggiata il 26 dicembre, festa di S. Stefano. Il fortunato possessore del biglietto vincente n° 4371 risultò il sig. Giuseppe Alberti di Monterchi, rappresentante locale della Società degli Autori.

Fu festa grande a Pistrino. Anche il sole scintillò dall’alba al tramonto come un sorriso di primavera.

Furono insolite le funzioni in chiesa: Messa in canto con musici cittadini, accompagnati dal maestro Arcaleni; discorsi limpidi, fluenti dal labbro dell’insigne canonico Rogari di Gubbio. Sulla piazza: concerto di S. Giustino, compatto, affiatato, con un programma di circostanza, sotto la guida del maestro Ba. E dovunque popolo e popolo, e strisce murarie a ogni casa inneggianti alla nostra Chiesa.

Caratteristica e graziosa quella festa della quale molti parlano ancora! E intanto un’altra tappa era compiuta!

 

 

In alto i cuori

 Ad ottobre, da Fermo giungeva, appena eletto, la benedizione del nuovo pastore diocesano mons. Filippo Maria Cipriani, esprimendo la gioia e la gloria di poter presto consacrare il “Piccolo Tempio” già tanto grande d’ardimenti, di sacrifici e d’amore! Il suo cuore di Vescovo si apre, applaude, incoraggia perché il “Piccolo Santuario” sia la voce unanime, pubblica, perenne della fede di Pistrino e di tutta la Diocesi Tifernate al Re Divino!

Il 23 aprile 1935 alle ore 15,00, giorno di Pasqua, assisteva all’ultima copertura del tetto. Partì la processione dalla vecchia chiesina con la statua del S. Cuore. Le aste della portantina erano sorrette dai militi volontari: Luigi Vagnetti, Luigi Boriosi, Vittorio Ludovici e Andrea Pigliapoco, che dovevano partire il giorno dopo per l’Africa Orientale. L’ultimo coppo s’era accoccolato pacifico al suo posto, alla presenza di una fiumana di popolo, mentre rombava lo sparo e il pubblico applaudiva frenetico. Entro le nuove pareti mons. Cipriani intonò il “Te Deum” con viva fiamma di gioia.

Don Serafino annotava: “… Solo chi ha sperato può adesso comprendere. Solo chi ha pianto può riasciugare le lacrime. Solo chi ha trepidato può buttarsi in ginocchio. Chi ha avuto fede ci è fratello in amore. Chi ci ha seguito sciolga il canto al tripudio… Popolo di Pistrino, folla d’umile gente, che ti sei stretta, come barriera compatta, d’attorno al parroco tuo, guarda il trionfo di Cristo!”.

 

 In aprile arrivò un sostanzioso contributo della Cassa di Risparmio di Città di Castello e il mese successivo un’elargizione generosa della principessa Isabella Boncompagni Ludovisi Rondinelli Vitelli, lustro e vanto del Patriziato tifernate, che aderiva all’impresa con £. 5000 (da donarsi a tetto coperto).

A giugno, da Perugia, fu inviata la Campanella della porta della sacrestia da Maria Matteucci Della Rina.

 

Il 16 giugno, giorno di Pentecoste, furono consumati, presso la chiesa, i maccheroni del Comitato da parte degli operai- costruttori, com’è consuetudine fare per la copertura di ogni fabbricato. Fu una festa grande. Anche il capomastro (“l’amico”  Selvi) lavorava (a tavola) con più lena del solito. Ci furono molti discorsi, i canti degli stornelli, il vino del sor Angelo, del sor Gioacchino e il dolce della Veronica… Il buon parroco, che si trovava con l’acqua alla gola per gli innumerevoli debiti ancora da pagare, ringraziò con tanta gioia i presenti e concluse che avrebbe voluto dare un “boconotto” per uno, in quel giorno, a  tutti i benefattori spiritualmente presenti.

 

Ad agosto parlò al capomastro, grosso, tarchiato e con le orecchie fatte a campano, che da qualche tempo gli era diventato antipatico, perché ogni volta che gli passava vicino, con cento fiamme sugli occhi e con voce mozza, gli gridava sempre: “Ci sono i soldi?”.

Gli disse con un fil di voce tremando: “Ci si può venire dunque a settembre… a dir Messa?”. E lui, di rimando, sbirciandolo truce come un gatto che strazia la preda, “E i soldi? Prima di tutto mi deve quei vecchi? Restano decine di migliaia da pagare sul lavoro già fatto… Il tetto è bello, il Tempio è bello…ma, lo so io, lo so io! C’è ancora da fare l’intonaco, da mettere a posto le finestre, archetti, colonnine, serramenti, vetri…poi il pavimento…Ci vogliono molte migliaia di lire! E poi c’è da pagare gli operai. Mangiano anch’essi e ci hanno moglie e figlioli”.

Il povero prete scappò via, col buio opprimente dell’avvenire che gli toglieva il respiro e mogio come un cane frustato corse in chiesa, mentre gli giungeva all’orecchio solo qualche sillaba smozzicata: “… Vuol lavorare e non ci ha i soldi!  Come fa l’altare?...  Come fa il Campanile?... Allora era meglio che si fosse buttato nel pozzo”.

 

In quel mese vennero montate  in cima alla facciata le statue bianche dei due Angeli, che dall’alto dei pilastri, col volto atteggiato a dolcezza, con le mani quasi in atto d’abbraccio, dicono: Venite! Venite!

Sono opera del giovane artista Bruno Bartoccini, diplomatosi nel 1934 presso l’Accademia di Belle Arti di Perugia in disegno e scultura, nato nella terra di Pistrino e attaccatissimo al suo paese.

 

Intanto continua l’affluenza d’offerte: scrivono e mandano l’obolo Abramo Barculli ed Emilio Casperchi dalla lontana Somalia, ci sono i manipoli pieni delle spigolatrici, così la lista del “ Cinquettio dei Piccoli” della prima comunione, la sottoscrizione Gioacchino Comanducci. E a novembre c’è un lungo elenco di nomi e di cifre: “In suffragio di… In suffragio di... ”.

In evidenza: Maria Mochi Onory Bondi, la zelatrice Angela Moretti, Italia Dini, Emilio Brighigna, Maria Morini Ludovici, Maria Guerrini Rossi.    

 

 

Motus in fine velocior

 Questo è il titolo di “Venga il tuo regno” del gennaio 1936. Il parroco spiegava che “… quando un individuo non sa più che pesci pigliare, quando la matassa si trova per tutti versi arruffata, bisogna per forza parlare “in difficile”. Col <piccolo Tempio> senza pavimento, senza porte, senza altare, senza metà intonaco, senza panche,… e col Campanile alto, grandioso, slanciato, ma solo sui fogli dell’ingegnere, per forza ci siamo trovati imbrogliati nello scrivere!”.

La frase per nessuno risultò difficile. Tutti capirono che per mandare a giri più veloci la macchina ci vuole tanto più olio e tanta più quantità di benzina. Capirono che nel 1936 dovevano mettere nel bilancio preventivo delle opere di bontà almeno 10 lire ciascuno per il piccolo Tempio.

 

Il primo giorno dell’anno, dall’altare, don Serafino  esordì dicendo: “… Pistrino! Pistrino!  E’ questo il più bell’anno che il Signore ti concede di vivere! Nel 1936 sarà inaugurato il “piccolo Tempio”! Dobbiamo dunque riprendere l’opera con lena più travolgente!”.

E aprì immediatamente una nuova sottoscrizione che doveva far fronte alle spese per gli ultimi lavori.  

In quel mese venne sistemata, nella lunetta sopra la porta centrale, la solenne figura di Cristo Re, magnifico lavoro in travertino, di geniale e forte creazione artistica, scolpito dal maestro Bartoccini.

Bisognava fare intanto il pavimento e istituì la giornata del sacrificio.

Invitò tutti i capi di casa dei tanti coloni della zona in una santa gara di bene. Dovevano programmare il loro viaggio di breccia, per la prima spianata, il Venerdì Santo come atto di fede e di riconoscenza a Cristo, nel giorno della sua morte, per unirsi in un generoso corteo.

Si presentarono una sessantina di contadini, alcuni facendo anche più di un viaggio di breccia. Furono registrati tutti i loro nomi sul periodico parrocchiale, perché “… restino in memoria perenne e servano d’orgoglio ai figli e di sprone a coloro che la voce dell’invito non accolsero”.

 

In tanti risposero anche all’appello del “Motus in fine velocior”. E additava all’imitazione, per le sottoscrizioni eseguite, alcuni benefattori: Le camice nere, i volontari che si trovavano nelle lontane terre dell’Africa, che inviarono una loro prima offerta; molto ammirate furono la pelle di leopardo e le conchiglie di Rino Rossi. E così Francesco Matteucci e i suoi bravi operai, Virginia Volpi, Wanda Forte, Anita Bioli e Laurina Meozzi. “… Se andiamo avanti di questi passi e se tutti i lettori vorranno cavarsi subito questo dente, noi potremmo stabilire sul momento la data dell’inaugurazione” - diceva il parroco.

   

Convocò, presso l’Asilo delle Suore, tutte le ragazze di Pistrino (un centinaio!) e affidò loro l’organizzazione di una strabiliante Fiera di Beneficenza.

Disse loro: “… Voi dovete preparare una gran festa”. Da ballo? È scappato detto alla più pettegola, che pensava a quel dilinquente di carnevale già arrivato. “Oh, tutt’altro!… Dovete mettere in moto mezzo mondo per l’inaugurazione della nuova chiesa… dovete offrire un dono personale, consistente in un lavoro a ricami o analogo…dovete procurare a destra e a sinistra più premi che sia possibile… A chi doveva il parroco affidarne l’incombenza, per vederne la riuscita sicura? Alle vecchie?”. No! No! “Alle spose che devono mettersi in giro con i marmocchi in braccio, piangenti?”. No! No! “E allora a chi?”. A noi! “Brave, ci siamo trovati d’accordo.  Chi si rifiuta alzi la mano”.  Nessuna l’alzò.

 

A maggio il parroco annunciò alla gente di Pistrino, alla diocesi e quanti in ogni luogo lo seguivano che il grande appuntamento era stato fissato: “… Venerdì 14, Sabato 15 e Domenica 16 del prossimo agosto spunteranno i tuoi giorni, o popolo di Pistrino! Finalmente al sole estivo garrirà il piccolo Tempio! Alla grande ora solenne che splende all’orizzonte prepariamo il cuore, o Fratelli!”.

E Pistrino si preparò allo straordinario avvenimento con giornate di preghiera, con ore d’adorazione e con pellegrinaggi parrocchiali.

Fu celebrata, nell’ultima domenica di maggio, la Giornata Mariana. Con giovanile scatto l’associazione “Maria Immacolata” delle brave ragazze si strinse compatta ai piedi della Vergine.

La domenica dopo il Corpus Domini si svolse una trionfale Processione che muovendo dalla chiesa di S. Stefano, sede  della festa, sostò con Gesù eucaristico tra le pareti, ancora ingombre d’impalcature, del piccolo Tempio. Il Santissimo fu posto sopra un grazioso altare improvvisato dai giovani dell’A. C., tra fasci di gigli.

Il vescovo diocesano colse l’occasione per essere presente e parlò davanti alla folla che gremiva il nuovo edificio con cuore commosso a cuori commossi. “… La vostra chiesa è fatta - disse - , avete trepidato col parroco, avete fatto sacrifici d’ogni genere. Miei cari figli di Pistrino e di questa zona verde della vasta pianura, quest’ora è grande, quest’ora resterà memorabile! E quando si celebrerà alfine qua dentro la prima messa, allora il vostro vescovo e il vostro parroco raccoglieranno nella piccola patena tutte le vostre ansie, tutti i vostri sacrifici, tutti i vostri voti, tutte le vostre speranze e  per voi e per i vostri cari, per la Chiesa, per la Patria e per il mondo bisognoso, leveranno la preghiera che salva nel Tempio”.

Don Serafino al termine ringraziò tutti e in modo particolare il buon Fortunato e il sor Angelo del Core che avevano preparato il bel viale davanti alla porta d’ingresso!

Domenica il 21 giugno la zona di Pistrino salì al Santuario di Canoscio per un pellegrinaggio votivo, affinché la Vergine benedicesse quegli ultimi giorni e desse la sua materna assistenza alle prossime celebrazioni. Un sesto degli abitanti di Pistrino e della zona (oltre 150 persone) ascesero al colle eletto.

Alla sera ognuno si staccò dalla miracolosa immagine con la certezza che la Madonna di Canoscio, manterrà sempre la sua predilezione per Pistrino, di cui la Vergine “Assunta in Cielo” è Regina augusta e venerata Patrona! 

 

Ecco alcuni pensieri scritti da don Serafino nel mese di luglio. “… A tutti indistintamente, ai grandi e ai piccoli, vorrei dire: - Ci pensate? Capite l’importanza dell’avvenimento? Siete convinti che giorno più bello mai spuntò per Pistrino nel passato e che difficilmente spunterà in avvenire?

… Io penso che tutti dovrebbero dare la loro opera anche materiale per gli ultimi allestimenti, per la sistemazione delle adiacenze al Tempio.

… Io penso che qualche palazzo, (almeno chi può) qualche casa potrebbe essere esternamente ripulita, per il decoro e l’onore del paese…Bisogna mostrare tutto lindo e pulito. Dobbiamo fare in modo che chi viene alla festa, per la meraviglia debba fare un ooooh...  lungo sette chilometri!

 Svecchiare, svecchiare occorre!... Vorrei vedere la gente di Pistrino all’altezza della situazione…vorrei che si cominciasse a capire!”.

A chi gli domandava “che cosa dobbiamo fare?” rispondeva: “Senti fratello, hai sottoscritto niente all’inizio dei lavori? Vedi se entro luglio puoi andare a trovare il cassiere. Hai visto che l’altare è… nudo e crudo? Le tovaglie, i purificatoi, i corporali, le ampolle,… non ce le abbiamo! Manca la Via Crucis, il fonte battesimale, le lampade, le pile dell’acqua  santa!

Su via in questi giorni che cantano il trionfo di un’idea, la realizzazione di un sogno… su via date al cuore l’ultima spinta! E’ l’obolo di tutti, che fa i grandi prodigi. E’ l’entusiasmo della massa, che compie i miracoli!

Nella Consacrazione bisogna che tutto sia nuovo alla Messa e benedetto apposta”.

Iniziò una lunga lista di sottoscrittori e di donatori.

L’Altare maggiore, offerto dalla maestra Mammuccini, arrivò nel luglio 1936 da Rapolano di Siena con tre camion. Era in travertino antico e in stile romanico, splendido nel disegno del sig. Pietro Duranti, costosissimo.

Il Monolito, il piedistallo della statua del S. Cuore,  blocco unico di travertino costato mille lire, fu finito di pagare nel gennaio 1937 da una “signora buona” con le offerte raccolte.

A Castello gli lavorarono gli amitti e delle brave persone comprarono il camice, le tovaglie, le ampolle, i purificatoi, i corporali…

Grazie alla  generosità di numerossimi benefattori e alla mobilitazione di tanti volontari (il popolo di Pistrino, se lo prende l’entusiasmo, è inarrivabile!) e dell’azione cattolica femminile pistrinese (merita una lapide di marmo in chiesa, per quello che ha fatto) e di due splendidi giovani, tra i tanti, dell’Associazione S. Stefano, Neri Francesco e Torrioli Mario, che raccolsero offerte tra gli amici: (il primo esempio di ragazzi che sfondano ogni rispetto umano e tendono la mano), che si giunse, al chiarore del torrido sole d’agosto, tra la cornice del verde lussureggiante dell’umbra pianura, alla grande e solenne ora della Consacrazione del “piccolo Tempio”, sublime monumento d’amore, dalle vetuste linee romaniche, austere e gravi.

 

 

Inaugurazione della Chiesa

 Venne stampato, in 100 esemplari, un dettagliato programma dei festeggiamenti e spedito a tutti i centri di una qualche importanza della diocesi, delle diocesi limitrofe e alle autorità comunali, militari e politiche. Il grande manifesto aveva questa conclusione:

 

“Accorrete! Accorrete! Dal suo misericordioso trono il Divin Cuore brama dispensare grazie e favori! Ai vicini e ai lontani, alla chiesa e alla patria, per la pace del mondo, per il trionfo di Dio, per la salvezza dell’umanità, una fonte di benedizione è ancora scaturita nella nostra grande Italia!”.

 

Dal 9 al 13 ogni sera un predicatore, con voce accorata, creò un’atmosfera di sommo entusiasmo e di spiritualità intensa. E allo scappare di chiesa: lancio di razzi luminosi nel cielo azzurro.

Al tramonto del 13 e del 14 tutta la campagna accese i fuochi in segno di gioia. Il giovedì a sera fu fatta la veglia delle Sante Reliquie da sigillare nella vaschetta rettangolare al centro della grande lastra dell’altare: il sepolcreto dei Martiri, e l’intronizzazione della statua del Sacro Cuore (quella vecchia che non è di stile) sulla colonna costata mille lire. Insieme alle reliquie venne murata anche una pergamena in cui era scritto:

 

“Questo Tempio e questo Altare, al Cuore Eucaristico di Cristo Re dedicato, Filippo Maria Cipriani, vescovo di Città di Castello, con solennità consacrò, e le reliquie dei santi martiri vi rinchiuse: Giacomo Ap. - Stefano prot. - Romano soldato - Donato vescovo - Pietro e Paolo - Ansano e Lorenzo - Cecilia e Lucia e anche (le reliquie) di S. Filippo - S. Francesco di Assisi - S. Veronica e S. Serafino, pregando al mondo la pace, il trionfo all’impero d’Italia, la gloria e la dilatazione alla Cattolica Chiesa, le indulgenze nella forma consueta concesse. 1936, 14 agosto. Amen”.

 

Il 14, 15, e 16 agosto 1936 furono tre giorni di festa grossa a Pistrino! Tre eccellentissimi Vescovi: mons. Cipriani, mons. Grezzi, mons. Capobianco diedero il primo battesimo al nuovo Tempio!  Superando ogni più rosea aspettativa, accorse un numerosissimo popolo: nessuno ha mai visto folla di gente più numerosa, venuta da tutte le plaghe. Le cronache del tempo parlarono di 10.000 persone.

La mattina del 14 alle ore 05,30 iniziò la funzione della Consacrazione, con riti propiziatori interni ed esterni al santuario, presieduta dal vescovo diocesano  mons. Filippo Maria Cipriani, e durò fino alle 09,00. Erano presenti anche tantissimi preti.

Al termine il vescovo donò al Tempio che aveva consacrato, il calice con cui aveva celebrato la messa e venne pubblicamente annunciata l’onorificenza che il Sommo Pontefice conferiva al sig. Pietro Duranti: la Croce pro “Ecclesia et Pontifice” in riconoscenza di tante benemerenze (poi ufficialmente consegnata al nuovo cavaliere il 26 dicembre, festa di S. Stefano).

La sera del Venerdì la statua della Madonna Assunta, patrona di Pistrino, venne portata processionalmente al lume di centinaia di candeline,  nella “sua Cappella” del nuovo Tempio.

Il sabato 15 agosto alle ore 06,30 mons. Ernesto Piani, Vicario della Diocesi, distribuì la “prima Comunione” ai bambini. E, dopo, si celebrarono messe una messa dietro l’altra.  Alle ore 10,00 ci fu il primo sposalizio, nel piccolo Tempio, tra Giannini Anelide  e Francesco Matteucci. Alle ore 16,30 mons. Pompeo Grezzi, vescovo di Sansepolcro, impartì la solenne Benedizione Eucaristica.

Domenica 16 alle ore 10,00, durante un solenne Pontificale, mons. Giovanni Capobianco, vescovo di Urbania e S. Angelo in Vado, amministrò la Cresima ai ragazzi tra i quali, per prima, a Valeriana, figlia del progettista Pietro Duranti e per secondo, ad Amabile, figlio del capomastro Selvi. Il servizio liturgico venne disimpegnato dai chierici del seminario diocesano. Eseguirono musica classica le “scholae cantorum” del seminario sotto la direzione del rev. Magnani e quella del maestro Arcaleni.

Nei tre giorni si svolse la ricca Fiera di Beneficenza con oltre 1000 doni con un titolo molto concreto: “Pesca tu che pesco anch’io, per la Casa del buon Dio”. Una meravigliosa macchina da cucire a pedale d’altissimo valore, ottenuta dalla ditta Necchi per interessamento di Bruno Giannini, era tra i premi. Anche il Papa mandò un artistico quadro “Sacro Cuore”, così il Municipio di Citerna concorse con la sua non mai smentita generosità. Rino Rossi da Mogadiscio inviò un meraviglioso arazzo africano, così le Suore Salesiane mandarono un arazzo preziosissimo. Ci furono alcune persone (le sig.ne Dini, Ravarelli, Moretti, la sig.ra Matteucci) che  raccolsero più di 250 premi ciascuna!

Il servizio musicale fu svolto, nel pomeriggio di sabato, dalla banda musicale di Selci e alla festa della domenica dal concerto di San Giustino. Così degli splendidi fuochi artificiali eseguiti dal sig. Giovanni Martinelli, rappresentante di una celebre ditta di Forlì, illuminarono le due notti. Tutte le tre sere il paese risplendeva di luci: ogni famiglia provvide ai suoi balconi, alle sue finestre.

 

Don Serafino, scrisse nel suo diario, una relazione obbiettiva dei “Festeggiamenti” in cui diceva che, nonostante le contrarietà, gli ostacoli e le persecuzioni inevitabili degli uomini e delle cose, lo svolgimento delle celebrazioni è stato perfetto e grandioso e tutto fu eseguito inappuntabilmente!

 

Pistrino non era più Pistrino. Con la nuova Chiesa uscì dal silenzio: non era più il paese umile, negletto, insignificante, senza voce, senza diritti, quasi sperduto tra la cornice lussureggiante del verde.

Un edificio torreggiava sulle altre case e da tutta vasta pianura, da tutte le alture circostanti, per lungo tratto, una croce e due angeli bianchi  sovrastavano luccicando su tutti i tetti. Il suo nome correva di bocca in bocca. E sui cuori amanti una dolcezza s’effondeva arcana, infinita! La gente allungando il braccio con l’indice teso diceva: “Quella è la Chiesa del S. Cuore di Pistrino! Voi avete fatto una bella chiesa! Voi siete i prediletti del S. Cuore!”.

Ma don Serafino rilevava: la bella chiesa l’hanno fatta i benefattori… chiunque ha dato un soldo può dire: - L’ho fatta io questa chiesa!… Sì! O Pistrino! Tu hai finalmente avuto una Chiesa! Te la sei costruita pietra su pietra, con la tenacia dei martiri, con l’amore dei servi di Dio, ma da lontano e da vicino ti son venuti incontro i “buoni” col sorriso e con l’obolo”.

In occasione del conferimento dell’onorificenza pontificia, don Serafino scrisse una memorabile lettera al neo cavaliere Pietro Duranti, il più grande dei benefattori, in cui esternava il suo plauso e il suo compiacimento con queste parole:

 

Quando sento da più parti ripetermi la frase: “se non veniva lei a Pistrino la Chiesa non si faceva” io divento anche più piccolo di quello che sono. Onore al merito e giustizia a chi tocca.

Io penso che se non era il “sig. Pietro Duranti”, la costruzione della Chiesa di Pistrino sarebbe rimasta lettera morta. Lei, sig. Pietro, è stato l’ideatore, il progettista, il direttore dei lavori, l’umile taciturno esecutore di linee e di particolari, Lei l’innamorato del bello, l’irremovibile alle tante obbiezioni del sottoscritto, che aveva l’anima lottante tra il miraggio dell’opera d’arte e la miseria della finanza.

Il sottoscritto è rimasto ammirato di fronte alla sua franca professione di fede, di fronte al disinteresse col quale Lei collabora a tutto ciò che è buono, che è grande, che è dignitoso, che è utile per Pistrino… Nessuna ricompensa Lei volle mai di tanto lavoro per il “Piccolo Tempio”… Pensi con quanto giubilo io le comunico questa onorificenza, pensi quanto sono felice di salutarlo per primo non più “sor Pietro” ma cav. Pietro Duranti!

 

Ora il Tempio materiale era fatto e da tutti i punti dell’alta valle del Tevere splendeva al sole meraviglioso di quest’Umbria mistica, madre di santi e d’artisti! “… La città e la diocesi di Città di Castello pieghino cuore e occhi a questo altare sormontato dalla statua del S. Cuore! Nei bisogni e nelle strettezze, nel pianto e nella sventura verranno a Pistrino, piene di fede, le anime!”.

Subito, nei giorni seguenti la festa, per prime accorsero al Piccolo Tempio, in numeroso pellegrinaggio, le ottime figliuole dell’A. C. di Piosina. Poi avvenne il pellegrinaggio delle fervorose giovani dell’A. C. di Selci e la Gioventù Femminile di Giove compì essa pure un pellegrinaggio a Pistrino.

Il 20 giugno 1937 ci fu il Convegno-Pellegrinaggio della Gioventù Maschile di A. C. diocesana con oltre 200 partecipanti. “… Il Cuore di Gesù che si presenterà fra poco più bello ancora nella Statua vostra, a Pistrino, v’incoraggi, vi sproni, vi benedica”, scriveva il vescovo, assente per la visita pastorale.

Il 9 ottobre 1938 le Donne di A. C. della diocesi, giunte a Pistrino a bordo di tre pullman della ditta Montesi, inaugurarono il loro anno sociale ai piedi del Divin Cuore nel “piccolo Tempio”.

Il 15 agosto 1940 avvenne un pellegrinaggio molto significativo: L’OSPIZIO S. CUORE e la CONGREGAZIONE delle PICCOLE ANCELLE del S. CUORE festeggiarono i loro 25 anni di vita a Pistrino. Vi partecipava la Madre Generale Suor Geltrude Billi, le consigliere, una larga rappresentanza di Suore e tutte le Orfanelle. Pistrino accolse con vera festa le Figlie di mons. Liviero e le donne di A. C. locale prepararono il pranzo e lo servirono a mezzogiorno. Parve al paese che fosse un ritorno del caro Padre!

 

Di mese in mese, di anno in anno, la “vita” del piccolo Tempio, Santuario diocesano del Sacro Cuore, prese fisionomia. Quel vasto luminoso programma di bene che don Serafino aveva intravisto a lavori compiuti: far conoscere e amare quel Cuore grande, che a tutto pensa, che tutto conosce, che ama, anzi che arde d’amore,  si andava concretizzando e attuando con sempre più bruciante febbre di zelo. Al di sopra e al di fuori d’ogni gretta competizione, l’unico scopo dell’erezione del “piccolo Tempio” è stato la necessità di provvedere al bene delle anime e la gloria di Dio: nessuna mira umana, nessuna ambizione, nessuna animosità; solo pene, sacrifici, privazioni, sospiri.

Canta o Pistrino la tua gloria, canta la tua passione di fede! Portano offerte spicciole i vicini e i lontani: sono domande di grazie, sono espressioni di riconoscenza per favori ottenuti. Né ricorrenza passa, né urge preoccupazione, né data lieta arriva nelle case senza che venga messo a parte il Tempio del S. Cuore”.

Ecco quel Cuore Divino da cui venne la nostra salvezza. A Lui si canti gloria e amore nei secoli!

 

 

L’impresa continua

 

Già a settembre 1936 fece la sua prima comparsa in “Venga il tuo Regno” una nuova scheda muta, vergognosa, timebonda, fa appena capolino e osa con un fil di voce parlare: - Sono una povera mendicante… voglio riportare al piccolo Tempio un’offerta per… per… la nuova statua del S. Cuore”, così don Serafino riprese con lena e tenacia a sollecitare i devoti a continuare nella dolcissima testimonianza d’amore, “… perché ancora ci resta tanto da fare”.

A novembre al termine dell’Ottavario dei morti fu benedetta la Via Crucis. La cerimonia produsse una salutare impressione, l’appello cadde in fertile terra e molti raccolsero il grido che invitava a raccolta. Tommasina Cinaglia Duranti aprì la sottoscrizione e poi Maria e Giulia Rossi, il presidente degli uomini cattolici con i vari soci, Varzi Eusebia da Perugia e la zelatrice Veronica Francioni, consegnando le offerte raccolte, scriveva: “Quando spinti dalla nostra devozione c’inginocchiamo davanti a quei quadri dov’è scolpita la storia dolorosa della Passione, non vogliamo che un pensiero pungente ci dica: non li avete ancora pagati!”. E poi… altri… altri… anche Giuseppe Pazzi, Tommaso Zanchi e Luigi Rumori dalla Somalia.

A Natale il Fonte Battesimale, blocco unico di travertino, bello e artistico, venne sistemato nella sua cappella. Le donne di S. Stefano, di S. Fista e di Pistrino hanno colmato a gara la spesa occorrente e consegnando l’offerta dicono: “… I nostri piccoli devono avere la vita al raggio di quest’acqua divina. Lo devono ricordare da grandi che per essi le mamme si tolsero un giorno il pane di bocca”.

A gennaio 1937 s’inaugurò l’Altare del Suffragio.

Fu dedicato a perenne ricordo e commosso ringraziamento di tutti i benefattori della nuova chiesa.

Ai primi di marzo tre magnifiche Acquasantiere,  eseguite dalla ditta Corbucci di Umbertine, su disegno di sapore classico  e austero del cav. Duranti, vennero posizionate alle due entrate della chiesa.

A Pasqua arrivarono dei regali: da una gentile signora di Firenze una magnifica tovaglia, con pizzo a rete, finemente lavorata, una fine frangia a pittura da una pia signora di Città di Castello, un conopeo di tulle di seta, montato in oro, con motivi eucaristici omaggio di un’ottima signorina pistrinese e sei grossi finti ceri, per l’altare maggiore, offerti dalla ditta Bigini di Città di Castello.

Così, come ogni anno, la sera del sabato santo, giunse l’offerta di Maria Marini Ludovici, di Graziella Giannini, di Veronica Rossi, di Arduino Ravarelli e… altri… altri.

L’Altare della Madonna, splendido nel disegno e fiammante nel travertino di Rapolano di Siena, pagato a rate dalla maestra Letizia Benedetti Rossi fu inaugurato 12 maggio 1937. Rita Baldicchi Massi fece pervenire da Città di Castello una preziosa tovaglia a tombolo su misura.  

La Lampada, in ferro battuto in stile antico, nella cappella della Madonna, è stata offerta dal fascio femminile pistrinese insieme a due anfore con i relativi portafiori sempre in ferro battuto il 6 giugno 1937. E il parroco pregava la Madonna perché “… compia il prodigio di far comprendere a questa gioventù della nostra terra, che ha uno scopo la vita e che c’è un profumo che deve in essa perennemente aleggiare: il profumo del giglio”.

In tal giorno giunse anche una tovaglia in pirografia, opera splendida, dalla sig.ra Letizia Rossi.

La Lampada votiva nella cappella del suffragio, dono dei giovani dell’Azione Cattolica tifernate, fu           accesa da Marcello Mancini delegato degli aspiranti, in occasione del convegno-pellegrinaggio a Pistrino il 20 giugno 1937.

Alla chiusura del vecchio anno il parroco scriveva: “…Ecco le belle notizie, le più dilettevoli, per chi è fino ai capelli immerso tra le cambiali; …per grazia ricevutasempre assiduo…sempre devoto, invio la mia offerta”, come Biagio Falaschi dall’Africa, come Francesco Cagnoni dalle Capanne, come Gina Meozzi, come Primo Rossi e Aldo o come la sig.na A. Moretti (certe anime...chete chete lavorano e poi come api diligenti riportano il frutto della loro operosità) che invia la scheda con tantissimi sottoscrittori.

Molte offerte sono motivate come ringraziamento per preghiere esaudite e guarigioni miracolose ottenute, come Maria Rossi, Aurelia Cenerini, Giuseppa Giannelli per il suo bambino sanato.

La Statua del S. Cuore, in terracotta,  a braccia aperte, accogliente, parlante, dal cuore fiammeggiante e dall’aureola color d’oro, modellata da Bartoccini e  offerta dall’Azione Cattolica tifernate, fu inaugurata il 7 gennaio 1938. Benedicendo la prima pietra, il vescovo mons. Liviero, aveva promesso che a costruzione finita vi avrebbe pensato Lui, ad una bella statua devota. Ma lungo la strada del suo ardore apostolico, il grande vescovo è scomparso col rimpianto di tutti, e la sua promessa non ha potuto essere compiuta! Il degno successore mons. Cipriani raccolse il pio desiderio e affidò a tutti i buoni, e “all’Azione Cattolica diocesana in prima fila” l’iniziativa del dono votivo.                                                                                                  

L’Altare di S. Antonio, donato dagli agricoltori della zona per una spesa di più di 3.500 lire, fu inaugurato il 23 gennaio 1938 e finito di pagare nel gennaio 1939.

I Confessionali sono stati donati dalle ragazze di Pistrino nel 1938. “…Non perché esse ne avessero bisogno, annotava don Serafino, ma perché, così, provvedevano alle loro mamme, (oh, certe mamme!), ai loro babbi barbuti e ai loro fratelli, un luogo bello e invitante per depositare…certi bagagli!”.

Il Lampadario in ferro battuto, largo m. 2,50, posto sopra l’altare maggiore, dotato di 33 lampade e al centro, un cuore dorato, è opera di Edoardo Mencagli di Trestina. Fu donato dai fratelli Antonio e Francesco Giunti nel gennaio 1939.

Il Candelabro, in ferro battuto, con la corda irta di spine che fascia a spirale il corpo del candelabro, con i 4 distintivi dell’Azione Cattolica nel piedistallo e le ostie fiammeggianti della base che regge la tazza, è stato offerto nel marzo 1939 da Derio Romiti, emigrato in Argentina.

Nel giugno 1939 Felice e Gina Fuscagni donano una bella Pisside da 500 particole, nel decimo anniversario di Matrimonio.

I minatori col direttore dell’Azienda Carboni Italiani ing. Pintus, “… impassibile nel suo sorriso, indagante e scrutatore, in fondo a quegli occhi buoni, sfavillanti sotto le lenti d’oro”, che operavano, fin da settembre, nella miniera di Carsuga alla escavazione della lignite, parteciparono con una loro sottoscrizione l’8 dicembre 1939 e il 19 marzo 1940.

La Scuola Materna, gestita dalle “Piccole Ancelle del S. Cuore” e intitolata a “Veronica Rondini”, in memoria della mamma del parroco scomparsa nel novembre, ebbe la sua nuova sede nel primo piano della casa Canonica e venne inaugurata il 6 gennaio 1940.

Il Giovedì Santo del 1940 a Pistrino si parlò di un miracolo: il bambino Franco, figlio dei coniugi Viezzoli, tecnici istriani della miniera, che da due mesi non camminava più, improvvisamente, sceso da  solo dal letto, corse sorridente dalla mamma. I genitori confermarono la grazia ricevuta per le preghiere del fanciullo al S. Cuore.

Il 25 febbraio 1941 avvenne un Atto Magnifico: alla presenza del Vescovo, del clero della zona, delle Autorità e del popolo, il Comune di Citerna si consacrò solennemente al S. Cuore.

Nell’aprile 1941 anche i soldati, (tra i quali Antonio Cerboni, Luigi Vagnetti, Gino Romolini,  Domenico Falaschi, Albino Giombi, Asterio Ravarelli, Carlo Carletti,  Rino Rossi, Gino Ghignoni, Alfredo Magrini, Francesco Roberti, Ezio Ravarelli, Olivo Pazzi) impegnati nella guerra dell’Africa Orientale o nel fronte greco, vollero essere presenti con i loro contributi.

Ad aprile furono piantati degli alberi sul piazzale del Santuario per bellezza e per refrigerio dei devoti che vengono da lontano…I lunghi pali di sostegno erano stati mandati dal dott. Luigi di Monterchi “gratis et amore” e perfino il barrocciaio Francesco Falcinelli al momento della paga ritirò indietro la mano dicendo: “L’ho careggiati a beneficio della chiesa”.

I portoni in noce, su disegno di Bartoccini, furono lavorati gratis dai falegnami del paese Meozzi (quello centrale) e Magenta (quello laterale) e vennero inaugurati il 20 giugno 1941.

La Scalinata di travertino, eseguita dalla ditta Bertuzzi di Sansepolcro, venne inaugurata il 20 giugno 1941. Fu affidata soprattutto all’obolo dei nonni e delle nonnine “… Altrimenti i vecchi nicchiano quando vanno in chiesa e le vecchiette a guado e stento superano l’enorme dislivello, col cuore ansante”. Ma anche i soldati vollero essere presenti: nel maggio 1941 avvenne la sottoscrizione di ben 45 di loro che, prima di partire per i campi di battaglia, chiedevano: “… interéssati di noi presso il S. Cuore”. Il cap. Ferdinando Ganovelli e con esso il cap. magg. Pietro Francioni ne furono l’anima. E poi nel giugno ci fu la sottoscrizione di Guido Deschi Comanducci e quella di Francesco Duranti, con i nomi di oltre 30 soldati, “… per gli scampati pericoli”. Seguì un plebiscito d’offerte dei buoni.

Nello stesso anno furono costruite 50 Panche per la chiesa, con alberi del Canada, al costo di tremila lire. “… Quella gente in piedi e soprattutto gli uomini, in chiesa, dritti, o malmessi, o accoccolati, io non li posso vedere… La prima domenica che vi vedrò tutti a sedere sopra le panche bianche vi giuro che la predica…sarà lunga almeno tre ore!(una per biglietto da mille)”, scriveva don Serafino.

Nell’ottobre 1941 venne donato il piviale violaceo e il  velo omerale da una pietosa signora.

 

 

Il Campanile

 

“… Cesare al rubicone gridò: ALEA JACTA EST (IL DADO E’ TRATTO) e varcò il fiume e mosse alla conquista di Roma. Per un attimo anch’io son diventato Cesare (nientemeno!)… Dunque l’ora è venuta! L’ora della grande impresa e del titanico ardire… Se non lo faremo adesso il campanile, non lo faremo più”.  Eravamo nel 1941, quando la guerra era arrivata anche in Italia e don Serafino si rese conto che sarebbe stato  sempre più difficile trovare i soldi per compiere l’opera. Il materiale scarseggiava del tutto. I trasporti si rendevano quasi impossibili. Pensarvi dopo la guerra sarebbe stata una follia con le prevedibili orribili strettezze economiche!

All’inizio dell’anno fiorirono sul tavolo cinque biglietti da cento. Scrive don Serafino: “… Avevo fatto a salti le lunghe scale, al primo busso, per aprire la porta. La pia signora cavò una busta e me la porse dicendo: - Senza campane non si può vivere. Il campanile ci vuole!... ”.

 Che il campanile ci voleva se n’era accolto già l’architetto nel 1930, disegnando il progetto…Anche i pistrinesi sentono nei grandi giorni solenni, che manca il fremito poderoso d’un concerto, che scenda dall’alta torre e dilaghi nei campi…Ma fin qui uno di loro soltanto ha portato cinque biglietti da cento! E a me invece occorrono cento persone con cinque biglietti da cento!”.

Però vennero subito le offerte di Luigi Bellanti, di Giuseppe Roberti (ferito alla spalla e alla mandibola al fronte greco), dell’art. Mario Torrioli, il quale scriveva: “… Mando una piccola offerta raccolta tra i miei compagni di battaglia… Mi sembra di vedere da questa terra lontana la statua del S. Cuore e quella della Vergine, che sorride e dica: io vi consolerò”.

Nell’aprile 1941 vennero fatte celebrare delle Messe per la protezione dei soldati, impegnati nella guerra dell’Africa Orientale o nel fronte Montenegrino.

Il 20 giugno 1941, giorno del S. Cuore, arrivò uno stupendo regalo. Una pia persona consegnò al parroco 5000 lire dicendo: “… E’ un’offerta per il Campanile, la prima. Se il S. Cuore mi tiene in vita, se mi darà la salute…”.

Qualche anno prima don Serafino aveva annunciato che avrebbe scritto a caratteri cubitali su in alto nel quadrante dell’orologio del campanile il nome di colui che glielo avesse regalato e al piano terra, nel sacro sacello, avrebbe posto il busto artistico in bronzo del benefattore.

Nell’ottobre 1941 la vena del prof. Ascanio Monti Torrioli invece di soldi manda un inno, gorgogliante di ammirazione e di fede. “Da tutti quelli che lo leggono, (egli dice), si faccia pagare un franco per riga”. Ecco l’inizio:

 

Dell’Umbria all’estremo confine,

(Lì presso sta il centro d’Italia,)

Non lungi dal fiume sovara,

S’innalza il piccolo Tempio.

 

Dedicato al santissimo Cuore

Di nostro Signor Gesù Cristo;

Il Villaggio si chiama Pistrino,

Appartiene al Comun di Citerna.

 

Pistrino che cosa significa?

Che cosa? Non altro che Betlehem:

“La casa, cioè del frumento,

O, se più vi piace, del pane”!

 

Nel 1942 tornano per Pistrino i giorni gloriosi, quando le offerte per il piccolo Tempio, riempivano pagine e pagine di “Venga il tuo regno”.

L’idea del Campanile suscitò un incendio d’amore e i vicini e i lontani e i noti e gli ignoti depongono con santa gara il loro atto d’omaggio ai piedi del Sommo Re! Ancora una volta furono i soldati in prima fila nella generosità: art. Guido Magroni, Francesco Matteucci, Ezio Marinelli, un caro amico del comune di Città di Castello dal Montenegro mandò l’offerta dopo la questua tra i suoi camerati, così Gettulio Giornelli  che fece una sottoscrizione tra 18 buoni soldati.

Nel marzo riprese l’enfasi fremente del questuante:

“Chi tocca questo foglio tocca il fuoco;

<Venga il tuo regno>  è   tutto una gran fiamma!

Se chiede mille lire chiede poco…

Quattrini! Ognor quattrini! È il suo programma!”.

Seguì una interminabile lista di tantissimi offerenti!

 

Il 31 di maggio, festa della santissima Trinità, il terreno fu benedetto, con pompa solenne. Il “piccolo parroco” al termine del breve corteo, deposto il piviale, ha vibrato il piccone sulle nuove sacre zolle di terra: “… àlzati, o sacra torre, disse, e fa presto! Pietra su pietra, io voglio vedere nei prossimi mesi, con occhio sognante, la mole staccarsi e… salire, salire! Io voglio nelle estive notti lunari, buttarmi in ginocchio tra i tavolati e le travi, errante come un romito, e baciare il lavoro compiuto nel giorno, lo bagnerò col mio pianto quel muro, e nessuno al mondo sarà testimonio!”.  E la folla cantava plaudente gli inni del S. Cuore.

Il 12 giugno 1942, festa del S. Cuore, venne deposta la Prima Pietra della bella torre rombante, segnata di sacre croci da parte del vescovo mons. Cipriani, che plaude per la nuova, ardua, attraente, desiderata impresa.

“… Io non mi sentivo il coraggio di comparire al tribunale di Dio con una Chiesa monca, con un Santuario muto. Aiutatemi. Aiutatemi tutti. Ho paura. Non lasciatemi solo”,  confessava don Serafino.

 “… Cari uomini di Pistrino e dintorni, invitava il parroco, ci vuole breccia e arena, sassi, calce e mattoni. Chi può careggiare, careggi!”. Il primo a rompere gli indugi fu Vico Ceppodomo che mostrando al parroco il carro di ghiaia disse: “Se il campanile si deve fare, mano al lavoro. Almeno le fondazioni devono piazzarsi, senza più titubanze!” Poi senza sosta mugghiarono i buoi. E riprese il corteo di quasi cento carri pieni d’arena e di breccia, oltre 3000 lire di materiale donato, da parte dei contadini del paese e della zona.

Nell’ottobre 1942 i soldati ancora una volta risposero prontamente e con entusiasmo. Tra essi il car. Eugenio Rumori, il sold. Renato Sassoni, il sold. Domenico Carletti, il ten. Corinto Leandri e  …continua… continua… .

 Don Serafino faceva notare: “… Osservate con quale impeto di generosità e confidenza stanno in prima fila i soldati. Oh, i cari soldati! Oh, i cari amici in grigioverde! Siete ormai centinaia, che sbalzati in tanti luoghi alla voce della Patria, compite con eroismo ammirevole il vostro grande dovere! Ricordate il piccolo Tempio!... Siete i figli di Pistrino… che, dalle dune dell’Africa, dagli scogli jugoslavi o croati, dai  campi senza fine della selvaggia Russia bolscevica, zelanti, mandate tutti cento lire. Che spallata per il campanile, amici miei, che spallata!”.

E ne da l’annuncio ai quattro punti del globo:

“Oh, che rimedio splendido ho trovato

il Campanile presto per finire!

CENTO LIRE mi manda ogni soldato,

Ogni “prete” mi manda CENTO LIRE

CENTO LIRE d’offerta ogni lettore

L’artigiano, il colono, e… più il Signore!”.

Riprese con lena una santa gara di sottoscrittori, di cuori anelanti di vedere adornato, finito, abbellito il Campanile del S. Cuore.

Ci sono offerte che saltano agli occhi” notava il parroco, quelle di: Giuseppe Cirignoni, Guido Meroni, Giuseppe Ravarelli, Edwige Righelli, Lina Gorlani, Rosado Rosadi, gli Eredi Duranti, il Consorzio Tabacchicultori di San Giustino, Pasquale e Lucia Cesarini, Giobatta Brighigna, Armando e Welda Tognelli, Bistarelli Gina, maestra Benedetti che tiene accesa la lampada alla Madonna, Giulia Rossi, Famiglia Grilli, Luigi Fusciani, Riccardo e Giuditta Tani. Ed esprime il suo grazie.

Il giorno dell’Immacolata, sopra la folla stipata, il parroco gridò questa grande notizia: “… Per vie provvidenziali, un benefattore STRAORDINARIO ha depositato in mano al Vescovo, per le opere di Pistrino, la somma di lire 30.000. Mettetevi in ginocchio con me! Asciugate anche voi, benefattori, gli occhi perché io li vedo imperlati di lacrime! E’ bella così la fine d’anno! E’ bello il principio!”.

E a seguire pagine e  pagine piene zeppe di offerte… nel giornalino <Venga il tuo Regno>. Un posto d’onore, per lo zelo, alla sign.ra Maria Matteucci. Ma anche ad Olga Giannelli da Castelvecchio di Preci che invia l’offerta con una bella lista d’anime buone, a Palma Meotti e Gina Giannini, che, tra le compagne di lavoro a San Giustino, spillano diversi soldini e così a Gina Fuscagni che spizzica a Castello monete tra le amiche, a Maria Graziotti, a Felice e Lidia Castellari, così ad Angelo Redi e Giobatta Carlini, priori della festa di S. Antonio abate, alle fam. Broccolicchi e Fabbriciani… e a tutti quelli che mandarono offerte il 12 ottobre, quando il calendario disse: “Oggi è san Serafino”.

 

L’inaugurazione del Campanile era stata fissata per la festa di S. Giuseppe. Ma una doccia fredda, a metà febbraio, cadde tra capo e collo al povero parroco: I migliori e più audaci muratori sono richiamati alle armi.

Il capomastro scrisse una lettera che diceva:  “Compio il mio dovere (era meglio averlo compiuto sul serio) di comunicarvi, sia pure con vivo rincrescimento (il rincrescimento è mio e dei miei lettori!) che per il richiamo di alcuni operai (toh! Anche il campanile sta dando il sangue alla Patria: è richiamato perfino il cav. cap. Pietro Duranti, progettista e direttore dei lavori!) e per motivi completamente estranei alla mia volontà (Sì, sì! pigliala lunga!) non mi è assolutamente possibile, (eccola, la pera cade!) consegnarvi il campanile ultimato per il 19 marzo…! A Pasqua, (dice lui!) il campanile sarà finito sul serio”. (Perdoniamolo questo brav’uomo, perdoniamolo! E mettiamoci il cuore in pace e aspettiamo).

In due riprese, a febbraio e marzo, altre venticinquemila lire entrarono nella cassa delle Opere del S. Cuore.

Dal cuore prorompente del parroco uscì anche un’esultante poesia al Campanile:

“Oh, sogno dei miei sogni! Oh, cosa vera!

Tra poco squilleranno le campane!

O mio bel Tempio! O casa di preghiera!

Io veggo da ogni lato folle umane…

Io sento i bronzi in mezzo al ciel turchino,

Araldi del tuo cuore, o Re divino…!”.

 

Uno dei più giovani soldati dal fronte mandava la sua fotografia: “… La metterete con le altre vicino al S. Cuore, perché sempre mi protegga da tutti i pericoli… Delle lacrime scendevano dai miei occhi e il mio cuore si stringeva, ricordando il mio Tempio del S. Cuore, dove non in mezzo ad armati, ma in mezzo a persone care, fra tanta pace, tante volte, ho pregato insieme a voi”.

A maggio il parroco apriva il suo cuore: “… Io sento che l’ora si avvicina del nostro grande trionfo. Ho gli occhi mentre vi parlo così, inumiditi di lacrime…O Pistrino! O Pistrino! Tu marci adesso alla pari con tutti gli altri paesi!... Io, se sarò vivo, veglierò la notte in ginocchio. Poi al primo flusso dell’alba, dalla punta della guglia intonerò il mio: Nunc dimittis… quia viderunt oculi mei… !”.

 

Ed ecco continua la lista degli offerenti, quella: della Cattedrale, di Fraccano, di Anghiari, di Nuvole, di S. Fista, del Vingone, di Citerna, di Carsuga,… di una scolaresca intera… degli irrequieti aspiranti campanari… dei seminaristi… e del Clero... e dei benefattori che vanno più in su di 100 lire e continua,… continua…. La “santa gara” continuò fino ai primi rintocchi squillanti!

 

 

2 Luglio 1943, Pistrino inaugura il suo campanile

 Il manifesto annunciava:

 “Romba finalmente il bronzo dalla nuova Torre e il suono dilaga, tra campo e campo, per gioiosa pianura… Siete invitati alle solenni Enceniali del Campanile. Ne vide l’inizio la Festa del S. Cuore del 1942; la Festa del S. Cuore del 1943 ode il primo squillo osannante…

Dice il canto: - Gloria, onore a Gesù! Cieli e terra, benedite il Signore!

Dice la preghiera: - Sopra il tumulto del mondo, ergiti, fiammante di carità, Re pacifico, Sacro Cuore divino!”.

 

Alle ore 07,00 di venerdì 2 luglio 1943 avvenne la cerimonia inaugurativa del Campanile da parte del vescovo mons. Cipriani.

Parlò in quella circostanza il parroco, non appena il vescovo tirò della campana grossa la fatidica corda. Era presente tutto il clero della zona e il commissario prefettizio cav. Adamo Plini che lesse un fiammeggiante discorso.

Tutti tirarono le funi: i ragazzi, gli uomini, i campanari di Lama e anche alcune ragazze! Le cinque campane, ai quattro venti, forsennatamente, per tre giorni e per quasi tre notti hanno suonato a distesa.

Una fiumana di popolo ha stipato Pistrino. La mietitura stessa, per un’eccezione immemorabile, con giugno era finita. Che fervore e che entusiasmo in chiesa per ogni funzione!

Tutti ancora ricordano, con le lacrime agli occhi, quella profonda ed emozionante  visione delle tantissime foto dei soldati, gli eroi, che ricoprivano per intero il piedistallo della statua del S. Cuore! Che commozione indescrivibile!

Elargirono offerte il vescovo (mille lire) e tutti i maggiorenti della zona: quel giorno nella cassetta delle offerte si contarono 30.000 lire!

Ma soprattutto il S. Cuore ha protetto e benedetto l’impresa: non una disgrazia nell’arduo e colossale capolavoro!

Al termine del rito fu consegnato un diploma ricordo al capomastro Giovanni Selvi per l’ottimo e faticoso lavoro svolto. Il costo complessivo del Campanile ammontò ad oltre 110.000 lire.

Sull’architrave della porta d’ingresso venne posta quest’epigrafe:

 

HORRIDO UNIVERSAM TERRAM

ET MARE ET COELUM BELLO VASTANTE

UT PAX ALMA FLOREAT ATQUE ITALIA SOPITE COR CHRISTI TRIUNPHET.

Postr. Kal. Iul. MCMXLIII

(Mentre una terribile guerra devasta la terra,

il mare e il cielo,

affinché la pace serena rifiorisca

e, sull’Italia prostata, il cuore di Cristo risplenda).

2 Luglio 1943

 

Il Campanile era fatto, armonioso e svettante e agita, a trenta metri d’altezza, simbolo di trionfo, la Croce.